Un recente studio condotto dal prof. Jeffrey Mogil (Loren J. Martin et al., 2015), dell’università di Montreal in Canada, sembra dimostrare che la presenza di soggetti estranei diminuisca la capacità empatica delle persone e, al contempo, diminuisca altresì la loro percezione del dolore fisico.
Il team del professore ha condotto la propria ricerca con un campione di studenti universitari, i quali venivano sottoposti a stimoli dolorosi in diverse condizioni sperimentali: da soli, in presenza di amici, in presenza di estranei, tra due estranei a cui era stato somministrato in precedenza Metyrapone[1] e tra due estranei che avevano precedentemente giocato congiuntamente ad un video-gioco per 15 minuti.
I risultati si sono dimostrati interessanti: il gruppo che ha registrato un maggior picco nella percezione del dolore è stato quello che ha visto coinvolti due amici, mentre il gruppo che ha registrato un minor picco nella percezione del dolore è stato quello che ha visto coinvolti due estranei. La deduzione, ancora da dimostrare con ulteriori studi, sembra essere quella che la presenza di persone con cui si ha confidenza e con le quali si intrattiene un rapporto di intimità e complicità, sembra aumentare la percezione del dolore: è come se la capacità empatica dell’amico facesse da cassa di risonanza per la sensazione di dolore percepita, amplificandola. Inoltre, alla base dell’indifferenza emotiva nei confronti dell’alter, sembra giocare un ruolo rilevante anche la quantità di cortisolo in circolo. Appare, infatti, essere presente una relazione inversamente proporzionale tra l’attuale cortisolemia di un determinato individuo, la sua sensibilità al dolore da un lato e la sua competenza empatica dall’altro.
In effetti, già gli studi condotti dai comparti militari (Grossman D., 2010) hanno verificato che in situazioni di flight or fight response, il soggetto va incontro ad alterazioni psicofisiologiche di un certo rilievo, che possono rilevarsi funzionali o disfunzionali alla situazione di combattimento, in base alla quantità di cortisolo rilasciata a seguito della situazione di stress (paura). A livelli ottimali (per la situazione eccezionale in corso), il cortisolo sembrerebbe inibire addirittura il sanguinamento di ferite superficiali, a seguito della vasocostrizione e della conseguente riduzione dei lumen dei vasi sanguigni, data dall’aumentato rilascio di catecolamine e di ormoni dello stress. Dunque, in linea teorica, appare logico che il rilascio di cortisolo possa inibire anche la capacità empatica e questa potrebbe essere considerata una sorta di meccanismo di difesa dell’individuo, che lo porterebbe a salvaguardare se stesso in situazioni di potenziale pericolo.
La conferma alle ipotesi del prof. Mogil, arrivano dai due gruppi di controllo testati dal suo team: i soggetti estranei ai quali precedentemente era stato somministrato il Metyrapone, hanno sviluppato capacità empatica simile a quella del gruppo dei due amici e, ancora, i soggetti estranei che precedentemente l’esperimento erano stati fatti giocare congiuntamente ad un video-game hanno, del pari, dimostrato capacità empatica durante l’attuazione dell’esperimento. In entrambi queste situazioni sperimentali, i soggetti hanno anche aumentato la percezione del dolore avvertito, esattamente come è avvenuto nel gruppo tra due amici. Dunque, pare che la riduzione del rilascio di cortisolo e di catecolamine (dato in un gruppo dalla somministrazione del Metyrapone e nell’altro da esperienze di condivisione) abbia determinato l’aumento della competenza empatica e della percezione del dolore negli individuo testati.
In conclusione, gli studi condotti dall’Università del Montreal sembrano attestare che la presenza di estranei determini un aumento del rilascio di cortisolo e che quest’ultimo determini, a cascata, una diminuzione della capacità empatica e del livello del dolore percepito.
Questi studi potrebbero rivelarsi molto utili a livello sociologico, in quanto il meccanismo sopra descritto potrebbe stare alla base dei meccanismi di “indolenza emotiva” mostrata da molti nei confronti dei bisogni di persone estranee alla propria cultura di riferimento. Ancora, risvolti utili potrebbero avere in ambito militare e di polizia, così come in ambito psicopatologico.
In calce riporto i riferimenti degli autori citati, per chi volesse approfondire l’argomento.
dott.ssa Lorena Angela Cattaneo
Esperta in Neuroscienze Cliniche del Comportamento
BIBLIOGRAFIA
Grossman D., On Combat, Edizioni Libreria Militare, Milano, 2010;
Martin et al., Reducing Social Stress Elicits Emotional Contagion of Pain in Mouse and Human Strangers, Current Biology, Published online January 15 2015 doi:10.1016/j.cub.2014.11.028.
[1]Farmaco che agisce sul sistema neuroendocrino, utilizzato per la riduzione del cortisolo in circolo. Come effetto secondario a livello psicologico, dunque, determina una riduzione della percezione dello stress in corso.